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La voce di Elena

novembre 22, 2018

Quella che voglio raccontarvi è una storia di ricordi e sapori. Gusti che risvegliano le immagini del passato per farlo tornare presente. È la storia di una grande casa, il Giareto, che inizia quando ancora le vie non avevano un nome ed erano le costruzioni a prestare il proprio.

È il 1977 quando mia nonna, insieme ai suoi fratelli e alle sorelle, acquista una casa nelle colline reggiane. È una vecchia abitazione di contadini, diroccata e malmessa, e ancora non sa che sta per diventare la custode di ricordi che sapranno vincere il tempo.

Ogni membro della famiglia ha il suo angolo della stalla e il suo ruolo da ricoprire: gli uomini lavorano dalla mattina alla sera e, dalla mattina alla sera, le donne cucinano. Noi bambini, a modo nostro, aiutiamo.

Al mattino presto si mette su il brodo per fare i tortellini, un amico contadino arriva per consegnare i pomodori che diventeranno la conserva del prossimo anno, i bambini li lavano nel cortile stando attenti alle api e a non cadere dentro l’acqua. Non stanno troppo attenti e nell’acqua ci finiscono più spesso di quanto si immagini.

Mia madre monta la maionese, nel più completo silenzio, per non farla “impazzire” come assicurano le superstizioni. Io faccio scendere l’olio come si deve, con la cadenza che mi ha insegnato, a filo, mentre la salsa viene lentamente mescolata.

Se chiudo gli occhi riesco ancora a sentire: “Elena, vieni: c’è da grattare al furmai!”

Le vecchie grattugie sono grandi e faticose, bisogna fare attenzione alle dita e al Parmigiano, che è molto importante: sarà in ogni piatto. Nel brodo dei tortellini, negli antipasti insieme al salame, nell’impasto dell’erbazzone, perché – come si dice al Giareto – “se hai il Parmigiano, hai tutto”.

“Ho finito?” chiedo, ma la risposta è sempre no, perché la famiglia è numerosa e per trenta persone il formaggio non basta mai. È anche la cura da dare ai più piccoli perché smettano di piangere. Il lavoro è reso più lungo dal fatto che un po’ viene grattato, un po’ viene mangiato, dopotutto come sarebbe possibile resistere?

Per noi bambini c’è un’altra missione altrettanto importante: chiudere i tortellini. Girare il pezzo di sfoglia attorno al mignolo è un compito riservato ai più piccoli, poiché più piccolo è il mignolo, più la chiusura del tortellino risulterà perfetta. È un’operazione di pazienza e la mia pazienza finisce presto, così torno a grattare al furmai. Non c’è da sorprendersi che oggi utilizzi il robot.

Un giorno, finalmente, il Giareto è pronto. Ogni ramo della famiglia ha il suo appartamento, ma la cucina – quella – rimane una sola. Perché sia ancora possibile cucinare insieme, mangiare insieme. Discutere sulle ricette, rispettare le regole ma creare le eccezioni, mediare quando non si va troppo d’accordo.

Tutte le regole e le opinioni si sono sposate, nella cucina del Giareto in cui, anni dopo, anche mio cugino ha deciso di sposarsi, lasciando per qualche giorno la sua nuova casa in Romania e ricordando i sapori nel menu di arrosti e salsa verde, tortellini, salume e, naturalmente, Parmigiano.

Se il sapore è buono, il ricordo è buono ed è con quei ricordi in mente che oggi cucino per la mia famiglia e per i miei amici. Insieme ai piatti porto in tavola la memoria di un dito graffiato, delle giornate di sole e del senso di appartenenza che solo la cucina, quando sappiamo accorgercene, sa regalarci.

Credits:
Testi di Carlotta Fiore
Foto di Diego Rosselli






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